Palazzo Vanalesti, Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri
Su invito del Centro Caprense Ignazio Cerio, Intragallery – Galleria di Arte Contemporanea di Napoli, è stata incaricata di curare il programma espositivo 2017(dal 15 luglio al 20 settembre), per il terzo anno consecutivo, nell’ambito della rassegna CERIO / ARTE.
La mostra Cerimoniale di Eugenio Giliberti, inaugurerà la stagione espositiva di arte contemporanea negli spazi del Centro Caprense Ignazio Cerio, di Capri, a cura di Intragallery, con il Matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee 2017.
L’esposizione interamente dedicata al Museo Ignazio Cerio, sarà inaugurata sabato 15 luglio 2017 alle ore 19.00, negli spazi di Palazzo Vanalesti, nei pressi della famosa Piazzetta, e sarà visitabile fino al 15 settembre 2017.
Quest’ anno è stato prescelto l’artista Eugenio Giliberti, sempre sensibile allo spirito dei luoghi in cui espone, il quale, in seguito a numerosi sopralluoghi sull’isola, e ispirato dalla collezione del Museo Cerio, realizzerà una installazione site-specic dedicata agli spazi espositivi del Centro Caprense, dal titolo Cerimoniale;
Il titolo scelto dall’artista per la mostra, Cerimoniale, allude al riconoscimento e all’incontro della sensibilità dello scienziato (Ignazio Cerio) con la sua pratica artistica.
Esso avviene in una sala decorata da una grande installazione composta da migliaia di dischetti imperfetti di legno di melo, testimoni della ricerca che l’artista Eugenio Giliberti conduce da anni intorno alle trasformazioni naturali e antropiche del territorio che lo accoglie orma da più di 10 anni
Il primo atto dell’innamoramento è il desiderio di conoscere tutto dell’oggetto amato. E’ ciò che ha spinto la sua poetica a rompere pretesi confini dell’arte, incamminandola in un’attività di registrazione di piccole variazioni e di indagazione, di potenzialità e relazioni, di conoscenza più profonda.
E’ ciò che spinge in generale la ricerca ad intraprendere il suo faticoso lavoro al di là dei possibili risvolti pratici.
La mostra si compone di quattro elementi:
gli strumenti: alcuni strumenti e oggetti della ricerca artistica convivono con i reperti esposti nelle vetrine del museo
le tavole di data-base: piccola galleria estratta dall’opera che da anni accompagna la cura della piccola piantagione di mele annurche della masseria Varco, disegni a matita che rappresentano uno stesso albero del meleto nei 4 anni di vita di “data – base”.
Qui si richiama la dedizione all’osservazione e alla cura della natura che è lo spirito dell’opera, ma anche quello della collezione che consegna una coscienza del luogo alle generazioni future.
la sala della potatura: una grande decorazione murale composta da migliaia di dischetti di legno ricavati dalla potatura del meleto dove si immagina lo svolgimento del cerimoniale in una sontuosa e ironica messa in scena
il pianoforte muto: un pianoforte completamente rivestito da un robusto tessuto bianco cucito sull’oggetto da un’abile artigiana ricalca in negativo i rumori dell’isola turistica. L’elemento incidentale del pianoforte parla ancora una volta di cura, la cura dello strumento, la sua impropria vestizione, come metafora della cura dell’arte e del pensiero. Ma lo strumento vestito è anche imbavagliato: muto, rifiuta di confrontarsi con gli altri emettitori di suoni che della musica fanno sfondo, brodaglia sonora delle nostre distratte esistenze.
L’artista ha lavorato più volte sull’isola, ma poi l’incantesimo con i luoghi si era interrotto, e non voleva più tornarvi, salvo poi ricredersi, dopo una attenta visita al Museo Cerio, accompagnato dalla Presidentessa del Centro, Anna Maria Cataldi Palombi.
Queste le sue preziose considerazioni: “Spesso, parlando della vita culturale dell’isola con amici o con frequentatori innamorati di Capri, sento come il continuo riaprirsi di una ferita. La ferita di chi vede nel turismo di cui vive l’sola una specie di macchia originale. Una cappa di volgarità dalla quale cercare di far riemergere una “storia culturale” negata.
Ho avuto occasione diverse volte di esporre miei lavori nell’isola. La prima volta ad Anacapri – era il 1983 – in uno stage organizzato da Gianni Pisani dove ebbi il mio primo confronto con altri artisti della mia generazione da cui poi scaturì l’idea di riunire un certo gruppo di giovani e giovanissimi nella mostra che prese il nome di Evacuare Napoli (1985); poi, nel 1987, nel cantiere dell’ex Hotel Internazionale situato nei giardini della Flora Caprense in una collettiva curata da Bruno Corà, “Avvistamenti, 4 indirizzi della giovane ricerca artistica”. L’ultima volta nel 2008 ma fu un infortunio…
Avevo pensato di non volerne più sapere. Capri è ciò che è e non ha bisogno di niente. E tutti i discorsi nostalgici sul passato colto, sulle grandi frequentazioni intellettuali non appartengono più a un presente ineluttabilmente frivolo.
Il Museo Cerio è il luogo che non ti aspetti, che esiste e non ti chiede l’esercizio del rimpianto. Un luogo anti nostalgico che ti racconta una visione diversa dell’isola, dà conto di una complessità solo apparentemente negata.
Il lascito di Ignazio ed Edwin Cerio e l’azione dei continuatori di questa singolare istituzione culturale testimonia, al di là del tempo, di un’intensità possibile nella ricerca del perché dello stare al mondo. Anzi, dell’affermazione che lo stare al mondo è uno stato interrogativo.
Una musica flebile emana dalle mura e dalle bacheche del museo Cerio. La musica di un atto di affetto costruito in più generazioni cui già dai racconti ho sentito una possibile affinità.”